Viaggio in Chiapas

Incontro con Alberto e gli huipil di Magdalena Aldama

 

 

Stazione degli autobus di San Cristóbal de Las Casas, l’aria è fresca ed il piumino non è di troppo. È mattino presto, cerchiamo il nostro hotel per lasciare gli zaini, speriamo in un doccia e qualcosa di caldo da bere. La stanza, ci dicono, non è pronta, non ci resta che prendere una tazza di caffé nel patio dell’hotel, dove il sole comincia a scaldare l’aria e gli ospiti fanno colazione con uova e chilaquiles

Con le mani aggrappate alla mia tazza bollente mi guardo intorno assonnata e incuriosita. Improvvisamente davanti a me metto a fuoco una borsa a rete appesa alla sedia di un ragazzo che, con altri due seduti allo stesso tavolo, chiacchera vivacemente. Quella borsa, una semplice sacca tessuta a rete con un filo di henequén - fibra vegetale estratta da un’agave locale e filata a mano -  la cercavo da tanto tempo. 

Mi avvicino al loro tavolo per chiedere dove l’avesse comperata e lui risponde che l’ha fatta suo zio. È così come ho conosciuto Alberto, un ragazzo chiapaneco della comunità di Magdalena Aldama, di cui solo più tardi scoprirò la sua incredibile storia.

 

Ritorno al mio caffè seguita da Carlos, uno degli altri ragazzi, che con entusiasmo ci mostra un video dal suo cellulare. Era Alberto: vestito con un bellissimo huipil nero ricamato con fili azzurri raccontava la sua storia. Ben presto mi rendo conto di avere già visto quel video in facebook qualche mese prima.

Ci invitano ad andare con loro ad Aldama per conoscere le donne che tessono e lo zio che realizza le borse a rete, come quella che mi piaceva tanto. Carlos vive a Copenaghen ed era in Chiapas per un progetto di ricerca sullo sviluppo di un turismo ecosostenibile.

Non c’è tempo, ci dicono, bisogna partire subito, il villaggio è a un’ora da San Cristóbal. Terminiamo velocemente il nostro caffè e ci uniamo a loro con l’entusiasmo di chi comprende perfettamente l’occasione che si è presentata.

 

Attraversiamo in taxi alcuni villaggi zapatisti tra cui a San Andres Larráinzar, noto per i famosi Accordi di San Andres, un esteso documento firmato dal governo federale messicano con l’EZLN (Esercito Zapatisa di Liberación Nacional) per il riconoscimento del popolo indigena. Da qui proseguimao con un trasporto collettivo fino ad Aldama. 

 

Magdalena Aldama, un insieme di piccoli gruppi di case sparsi nella selva a 1800 metri, ha poco più di 1000 abitanti di lingua tzotzil. Per prima, attraverso un ripido sentiero, raggiungiamo a piedi la casa dello zio, posta su una collina tra alberi cespugli galline tacchini, i bei tacchini pacifici americani, e tanti bambini.

In un piccolo spazio davanti alla casa un ragazzo fila sulle sue ginocchia le fibre lunghe e rigide di henequén, mentre altri tre tessono, con telaietti alquanto rudimentali, quelle borse a rete che loro realizzano per trasportare cibo o prodotti da vendere al mercato. 

 

Continuamo il nostro giro a piedi lungo uno sterrato per arrivare finalmente alla casa di Alberto e a quella di sua madre, due piccole costruzioni di cemento, semplici cubi vicini ed uguali, che a me appaiono un bel riparo per la notte e per la pioggia, dal momento che la vita domestica si svolge per lo più all’esterno: davanti alla casa si tesse e sul retro si cucina. Il nostro arrivo è un’occasione speciale e per questo ci offrono un pranzo in una piccola stanza, completamente vuota, di una delle due case.

Decifrare l’età di queste donne mi risulta difficile ma son certa che sono molto giovani. E mentre alcune tessono altre, governate dall’anziana mamma di Alberto, portano delle sedie di plastica, con la scritta Coca Cola sullo schienale, e una cassetta di legno per appoggiare le tortillas, un piatto di riso, la salsa piccante e cinque bicchieri d’acqua. Ci portano ad ognuno una ciotola di brodo con dentro una coscia di pollo e delle verdure a tocchetti, poi si ritirano e restiamo da soli in compagnia di cani e galline che ci razzolano intorno.

 

A Magdalena Aldama, come del resto in molte altre comunità indigene del Chiapas, la tessitura occupa ancora una buona parte nella vita delle donne, che realizzano i loro stessi abiti con un telaio a tensione, qui chiamato telar de cintura. 

Alberto López Gómez è un ragazzo di questa comunità. Cinque anni fa ha deciso di imparare a tessere, infrangendo il paradigma della tessitura delle comunità indigene. Sua madre, inizialmente riluttante, poiché il telar de cintura è praticato solo dalle donne, gli ha poi fatto da maestra. Dopo anni difficili, costellati di offese, attacchi da parte degli abitanti della comunità e dopo aver patito lunghi periodi di isolamento, oggi, grazie anche all’incoraggiamento della madre, Alberto non solo realizza i suoi huipil ma coordina e promuove il lavoro tessile di circa 150 donne della sua comunità, portando i loro manufatti in città, a San Cristóbal. 

 

Huipil in náhuatl significa: blusa; una blusa fatta a telaio. Spesso, in base alle decorazioni o alle diverse tecniche utilizzate, identifica anche il gruppo indigeno di appartenenza.

-L'huipil cerimoniale di Aldama è un libro con tante storie- ci racconta Alberto e le tessitrici le tramandano ricorrendo a fili di colori. Partendo dal basso verso l’alto troviamo sempre rappresentato il Signore della Terra che regge un Universo composto da un insieme di simboli. Nello sviluppo della tessitura si alternano in maniera sincretica serpenti e pipistrelli - divinità spirituali i primi, annunciatori di morte i secondi - figure del padre e della madre, croci e farfalle e ancora stelle, piccole o grandi, e punti cardinali, per citarne solo alcuni. Il brocado, come viene chiamato l’insieme dei decori, generalmente è realizzato in lana tinta naturale su un fondo di cotone e i tempi di realizzazione variano a seconda delle dimensioni ma possono richiedere anche otto mesi di lavoro, di cui la parte a telaio, sebbene sia quella più importante ed elaborata non è la sola; tosatura, filatura e tintura la precedono.  

 

La fama di Alberto, grazie alla sua tenacia, al suo lavoro e alla sua storia, ha oltrepassato i confini del Chiapas. Ora viene chiamato da importanti musei del Messico a raccontare il “libro tessile” della sua comunità. Ma ben presto sorvolerà anche quelli nazionali: invitato alla Harvard University porterà la voce del suo popolo in una conferenza e con orgoglio rappresenterà la sua comunità alla Fashion Week di New York a febbraio 2020.

 

San Cristóbal de Las Casas, 29 dicembre 2019

 

Caterina Maioli, San Cristóbal de Las Casas, 29 dicembre 2019

 

Nei massicci montuosi dell'Africa settentrionale, ogni casa ha il suo telaio rudimentale: due travi di legno sorrette da due aste verticali.

La trave superiore è chiamata la trave del cielo, mentre quella inferiore rappresenta la terra. Queste quattro travicelle simboleggiano l'universo.

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